venerdì 29 maggio 2009

UN DNA NON MODIFICATO...




Capelli candidi, magro, tutto nervi e muscoli, il nonno Carlein era stato emigrante in Argentina. Agli inizi del secolo scorso, prima della grande guerra, si era trasferito nell'altra parte del mondo a fare il contadino nelle pampas. Credo facesse il tagliatore di grano e l'allevatore per altri.
Era noto per la sua abilità a cavallo: uno dei pochi che riuscisse a fare il "terra cavallo" e viceversa, così lo raccontava lui.
Partivano in tre o quattro dal paese e rimanevano via per alcuni anni in modo da poter racimolare abbastanza soldi per ritornare in Italia e comprarsi una casa ed un pezzo di terra.
La cosa gli riuscì e venne allora il tempo di mettere su famiglia e di fare figli.
Forza lavoro per la futura tenuta agricola.
Conobbe una ragazza dai capelli neri e ricci che veniva da un paese vicino, Domenica, se la sposò ed i figli vennero a raffica: quattro, precisamente, a stretto giro "biologico".
Era un tipo mite, ma con quella caratteristica della nostra razza che, ancora oggi, noi nipoti ci portiamo dietro: una stizzosità "fulminante" che dura due minuti o poco più.
Anarchico da sempre non tollerava le ingiustizie ed i soprusi, più avanti divenne Comunista della prima ora subito dopo il congresso di Livorno, ma è storia di poi questa.
Ma scoppiò la guerra e si beccò cinque anni di artiglieria, senza una licenza a casa.
Era puntatore del pezzo, per casa ho trovato ancora i manuali originali sulle nozioni di puntamento che gli erano stati dati da studiare.
Doveva esserci anche una medaglia ma non ricordo più cosa fosse di preciso,
E Domenica rimase sola con la terra ed i bambini: i figli da allevare e le viti da coltivare.
Ma era, anche lei, di razza coriacea e non si spaventò e poi o si lavorava o non si mangiava.
I figli: tre maschi ed una femmina, erano sani e robusti.
A parte uno avevano preso tutto da lei: una gran testa nera di capelli ricciuti.
Poi la guerra finì e Carlein fu congedato, nel marasma che era stata fu davvero un bel giorno il ritornare portando a casa la pelle.
E tanto per non smentirsi il caro nonno pensò bene di metterla incinta, gli altri figli erano già grandicelli ed aiutavano in campagna.
L'ultimo nato: Bruno non ebbe la fortuna degli altri, se ne andò a tre anni di polmonite.
Un suo gran ritratto ha campeggiato per anni in quella che, prima della ristrutturazione, era la stanza bella: la sala della cascina.
Ma la vita continua, non ci si può fermare anche nel dolore più grande.
E Carlein che aveva innato il senso dell'imprenditoria, si diede da fare e creò un enorme vivaio sulla piana vicino al fiume... le barbatelle non si contavano.
Ed investiva sistematicamente i guadagni in altri terreni e case.
Ci furono anche anni bui... quelli della grandine dove per un anno non si guadagnava nulla e si viveva delle riserve... chi poteva averle accumulate.
I partiti politici nascevano intanto e, come dicevo prima, la tessera n° 21 del partito comunista di Bordiga fu del nonno, peccato non riesca più a trovarla...
Iniziarono poi le prime incursioni fasciste che sistematicamente distruggevano le persiane della casa e minacciavano ritorsioni più gravi.
Carlein portava un grosso cappello nero ed una mantellina dello stesso colore in cui si avvolgeva per uscire di casa nei rigidi inverni.
Il tempo scorreva lento tra lavoro e raccolti più o meno buoni, i figli erano grandi e Domenica restava in casa a badare alle mucche e alle galline.
Le cose si ripetono, purtroppo, e di guerra ne venne un'altra, i figli partirono...
Ma fu una guerra diversa, più cattiva e stupida di quanto possano essere le guerre in generale... divenne civile.
Roberto, il più giovane dei figli, l'8 settembre se ne andò con i primi partigiani: il dna non mente.
Fu catturato, però, nei boschi proprio davanti alla casa assieme ad altri quattro compagni.
Il comandante Piero fu fucilato due curve prima della nostra casa e gli altri avrebbero fatto la stessa fine ogni cento metri.
Domenica lo vide passare sul camion della colonna dei tedeschi e delle brigate nere e, buona madre e donna, corse verso di lui con un cappotto in mano perché potesse ripararsi dal freddo.
Un provvidenziale intervento di un'altra brigata partigiana mise in fuga la nera e trista colonna: a Roberto salvò la vita per un carcere duro ed interrogatori con pistola puntata alla tempia.
Ancora oggi si ricorda quella battaglia.
Carlein era di poche parole, ma aveva le idee chiare e decise che i figli non avrebbero dovuto fare i contadini e cercò di sistemarli tutti comprando ed avviando per ognuno una attività commerciale: negozi di abbigliamento, salumerie e macellerie.
Della terra se ne sarebbe occupato lui con dei lavoranti finché la salute lo avesse sorretto.
Intanto si dedicava alle sue passioni: la caccia, andar per funghi ed ascoltare le notizie dalla radio: voleva sempre essere informato.
E comunista rimase anche dopo la liberazione, in un piccolo paese bigotto e credulone dei preti che contavano dal pulpito che i bambini erano il cibo preferito dei comunisti.
Ho ricordi precisi in merito: la domenica mattina all'ora della messa lui unico ascoltatore del comizio del partito... seduto su una panchina della piazza col suo cappello e l'inseparabile pipa in bocca.
E Domenica, la nonna, che cercava di trattenerlo dall'esporsi in tal modo e lui che aveva uno di quei suoi tipici attacchi di stizza e, sbattendo la porta, prendeva la strada che porta al paese.
Passavano i giorni e anche Carlein cominciò a declinare: il lavoro lo aveva logorato troppo, l'asma lo tormentava e scendeva sempre meno in cucina.
Il dottore diceva "E' consumato e ottantasei anni sono tanti per tutto quel che ha passato".
Se ne andò un piovoso giorno di novembre.
Il medico subito dopo che era spirato mi disse " Tuo nonno mi ha detto: Dottore lasci perdere mi sento come una foglia che il vento sbatte qua e là e non ho più la forza per reagire".
Carlein non aveva mai letto Ungaretti.
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Anteprima dal nuovo libro che sto scrivendo, ancora senza titolo.

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